domenica 3 febbraio 2013

"Io credo": il dialogo "confuso" tra l'atea Hack e il prete Di Piazza



E' stato pubblicato recentemente il libro "Io credo. Dialogo tra un'atea e un prete" (Nuovadimensione, Portogruaro (VE) 2012), curato dalla giornalista Marinella Chirico, dove la scienziata Margherita Hack e don Pierluigi Di Piazza dialogano, o meglio esprimono le loro opinioni a turno, sui più svariati argomenti che abbracciano la scienza, la politica, la fedee la religione, il lavoro, la vita personale di ciascuno, l'amore, la morte, il futuro, ecc.

La lettura del testo è scorrevole - anche se è una conversazione tra due amici che si scambiano, forse troppo sovente, ringraziamenti e reciproci elogi - ma quello che lascia il lettore a bocca aperta non sono tanto la posizione e le idee della scienziata atea, quanto quelle dell' "umile credente" (don Pierluigi Di Piazza) che finisce per dare sempre ragione o per condividere quanto afferma la Hack, limitandosi a fare qualche accenno alle dottrine di fede, quasi avendone paura e scusandosi o, in qualche caso, addirittura criticando la Chiesa e la sua dottrina.
Tale atteggiamento si manifesta in modo evidente all'inizio del libro. Don Di Piazza, che si definisce un uomo, un laico, un prete "al servizio dell'uomo e della comunità" e "ateo rispetto ai poteri terreni", asseconda o approva tutte le idee o le considerazioni della sua interlocutrice. Non solo non le contraddice praticamente mai, ma aggiunge commenti o racconta sue esperienze personali che, il più delle volte, non solo non contribuiscono a chiarire i temi, ma piuttosto creano ambiguità e scetticismo nel lettore verso la maggior parte dei temi discussi, tranne la scienza che è in definitiva "il credo" della scienziata atea.

La cosa ancora più deludente è che, in realtà, la Hack nel libro fornisce diversi spunti e tocca temi che sarebbe stato interessante discutere e che, invece, vengono lasciati cadere, senza che Di Piazza risponda spiegando le verità di fede fondamentali che, forse, non sono mai state spiegate bene alla scienziata, ormai ultra novantenne. Prendiamo solo tre esempi di "punti caldi" che la Hack accenna e che, a mio parere, avrebbero aperto lo spazio per un dibattito proficuo e senz'altro interessante per tutti i lettori:
  • "Io mi definisco atea e laica. Atea, perché appunto, non credo in Dio; laica perché non sono fondamentalista, non voglio imporre le mie credenze a nessuno, ognuno ha il diritto di avere le proprie idee [...]. Inoltre, dell'aldilà non m'è mai interessato nulla. Ho sempre riflettuto sull'"aldiqua". Troppo facile pensare e affidarsi ad un Dio che possa risolvere tutto e si prenda cura di noi. (pp. 14-15);
  • "Il primo comandamento è: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. O meglio: ama il prossimo tuo come te sesso. Mi sembra che tutta l'etica possa essere racchiusa in questo comandamento. Non c'è bisogno di religioni o sovrastrutture [...]. Tutte le Chiese e le religioni potrebbero essere abolite se questi comandamenti fossero seguiti in modo disinteressato." (p.26);
  • "Per me il bosone di Higgs è la spiegazione dell'origine dell'universo. Ma resta sempre la domanda: chi ha creato il bosone di Higgs? A questo non so dare una risposta. La scienza non può spiegare tutto. Dio è stato inventato proprio per spiegare ciò che non riusciamo a comprendere" (p.40).
In questo video si può avere un'idea più generale di quanto la scienziata afferma nel libro:




Questo è forse il rammarico più grande che si ha leggendo questo libro, sia guardando alla scienziata, sia pensando a tanti altri come lei: il fatto che persone molto intelligenti, se non brillanti, con grandi virtù umane e domande ricche di dubbi e di "voglia di capire", non riescano a fare il salto verso la fede, non siano state in grado di farlo, forse perché nella loro vita non hanno trovato chi li accompagnasse - non certo senza fatica e un impegno costante - in un cammino verso la fede o, perlomeno, alla ricerca di una verità.
Penso che, purtroppo, questo libro sia stata un'occasione mancata per il dialogo tra scienza e fede, e in generale tra atei e credenti. Se il dialogo resta o si riduce a un mero scambio di opinioni e di idee, all'insegna della tolleranza totale e di un relativismo assoluto, allora è un dialogo che non serve a nulla, se non a ritrovarsi al punto di partenza, come in definitiva riconoscono gli stessi autori nelle lettere di saluto che chiudono il libro.
Padre George V. Coyne
Questo non vuole dire che una delle due parti, la scienza o la fede, debba trionfare o vincere sull'altra, come già spiegato in altri post di questo blog e soprattutto da Giovanni Paolo II nella lettera a Padre George Coyne (1 giugno 1988), allora Direttore della Specola Vaticana, ma per fare passi avanti è necessario che su alcuni punti centrali si arrivi, sempre nel rispetto reciproco, ad un reale dibattito, in cui ambedue le posizioni siano chiarite fino in fondo, in modo che gli interlocutori possano decidere di cambiare idea o ne escano realmente rafforzati e convinti, avendo saputo dare le ragioni più complete della propria 'fede'.

Nell'anno della Fede, un libro dal titolo "Io credo" è un esempio per comprendere come ci sia un forte e urgente bisogno di una nuova evangelizzazione e come la Chiesa, non a caso poco citata e il più delle volte criticata nel libro dallo stesso don Di Piazza, debba far sentire la sua voce - la voce del Vangelo - per portare davvero la luce dove c'è il buio causato dall'ignoranza,  dal pregiudizio, delle convinzioni ideologiche e, non di rado, da una certa chiusura mentale. Ci possono essere motivi per criticare la Chiesa o per vederne delle mancanze o dei limiti nella storia passata o presente, ma credere senza la fede nella guida della Chiesa non è possibile: l'etica da sola non  riuscirà mai a dare tutte le risposte che l'uomo - e la stessa Margherita Hack - si pongono, e molto difficilmente potrà 'resistere', senza altro fondamento,  in ogni momento della vita.