domenica 20 gennaio 2013

2013: Anno della cittadinanza europea. Al via la campagna per tutelare l'embrione: "Uno di noi"


E' partita da alcuni mesi nei 27 gli stati dell'Unione Europea la campagna dal titolo "Uno di noi" per tutelare l'embrione fin dal concepimento, affermando la sua dignità e il suo diritto alla vita e proteggendo la sua integrità, come quella di ogni altro uomo o donna in qualsiasi altra fase della sua vita.
Si tratta di raccogliere almeno un milione di firme per poter chiedere - e, si spera, ottenere - il riconoscimento giuridico dell'embrione, fatto che avrebbe come obiettivi sia l'aborto e le politiche lo favoriscono, sia la sperimentazione sugli embrioni prodotti dalle pratiche di fecondazione in vitro nonché, di conseguenza, la ricerca e l'utilizzo delle cellule staminali embrionali, che come tali presuppongono l'utilizzo e l'uccisione degli embrioni.
L'iniziativa riveste una grandissima importanza anche perché è solo dalla fine del 2009 che, grazie all'attuazione del Trattato di Lisbona, i cittadini europei possono proporre direttamente questo genere di raccolte di firme all'UE: se si raggiunge il quorum di firme richiesto, un milione, la questione viene presa in esame dalla Commissione Europea, che può procedere a fare un atto giuridico valido per tutta la Comunità Europea, facendo sì che sia 'unita' sotto un sempre maggior numero di aspetti.
L'iniziativa, presentata in Italia come primo Paese già il 20 maggio scorso, a Roma nell'aula Paolo VI, è promossa e sostenuta dai movimenti per la vita (Mpv) e dalle molte associazioni familiari e pro-life diffusi negli Stati europei e da alcuni studiosi in particolare. Vuole mobilitare gli europei perché, proprio nel 2013, anno della cittadinanza europea, ciascuno di loro riconosca che la vita è il primo diritto e il primo valore europeo da difendere, e che tutte le risorse intellettuali, economiche e sanitarie siano protese a difendere la vita di ogni cittadino, compresi quelli del futuro che, inevitabilmente, sono e saranno tutti embrioni.
Si potrà aderire all'iniziativa fino al 1 novembre prossimo, ma la notizia di questi giorni è che ora - oltre alla tradizionale firma su carta, come per tutte le richieste di indizione di referendum - è finalmente possibile farlo anche on line, 'firmando' attraverso la piattaforma web www.oneofus.eu. Anche grazie a questa nuova possibilità, si pensa di ottenere ben più del milione di firme necessario e Carlo Casini, presidente del Mpv in Italia e europarlamentare, punta a un milione di firme soltanto 'italiane', dato che anche il fronte laico potrebbe fare la sua parte. E la cifra complessiva da raggiungere sarebbe la cifra tonda di 20 milioni di firme, numero che davvero potrebbe scuotere la vecchia Europa e indurla a porre la vita al primo posto.
Infatti, come spiega Filippo Vari, uno dei promotori dell'iniziativa e organizzatore di riferimento in Italia, si tratta di una sfida culturale e, aggiungo io, di una sfida umanitaria prima ancora di essere una questione scientifica, un tema religioso o una discussione filosofica sulla definizione di persona.

E proprio per questa ragione, le dichiarazioni a favore della difesa dell'embrione provengono da rappresentanti di tutti i 'campi' del sapere. Infatti non si può caratterizzare come la battaglia di un solo gruppo o di una sola classe, dato che si tratta di un diritto dell'uomo che supera ogni distinzione. Nel testo dell'appello inviato all'Unione Europea è chiaro e dichiarato il riferimento alla Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo e in particolare al preambolo, ove si legge  che "il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo" e, nella riga seguente, che "il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità".
Lo stesso Giovanni Paolo II nell'enciclica Evangelium Vitae (1995) aveva sottolineato la gravità della situazione di un uomo - in questo caso non necessariamente credente -  che non protegge il suo simile, specialmente se più piccolo, debole o indifeso: "L'umanità di oggi ci offre uno spettacolo davvero allarmante, se pensiamo non solo ai diversi ambiti nei quali si sviluppano gli attentati alla vita, ma anche alla loro singolare proporzione numerica, nonché al molteplice e potente sostegno che viene loro dato dall'ampio consenso sociale, dal frequente riconoscimento legale, dal coinvolgimento di parte del personale sanitario" (17) e, poco dopo, aveva proprio evidenziato come fosse ormai in atto una grossa crisi proprio alle radici dell'umanità che "dopo aver scoperto l'idea dei «diritti umani» — come diritti inerenti a ogni persona e precedenti ogni Costituzione e legislazione degli Stati — incorre oggi in una sorprendente contraddizione: proprio in un'epoca in cui si proclamano solennemente i diritti inviolabili della persona e si afferma pubblicamente il valore della vita, lo stesso diritto alla vita viene praticamente negato e conculcato, in particolare nei momenti più emblematici dell'esistenza, quali sono il nascere e il morire" (18).
Proprio perché l'embrione non è questione di scienza né di fede, ma 'soltanto' di amore e rispetto per il prossimo e per tutti coloro che verranno nel futuro, quest'iniziativa è da perseguire e far conoscere, anche al di là del risultato che ci si pone, puntando anche a raggiungere l'obiettivo più alto, che è vietare la produzione degli embrioni, risultato di alcune pratiche di fecondazione artificiale, e non solo il loro utilizzo o la pratica dell'aborto. L'Europa diventerà davvero grande quando e se riuscirà a decidere e a trovare l'accordo sulle questioni che davvero sono comuni a tutti e senza le quali altre intese politiche o economiche avranno un valore temporaneo e solo utilitaristico e quindi, non a caso, una vita breve.

mercoledì 9 gennaio 2013

Rita Levi Montalcini: una vita per la scienza e il progresso...ma senza Dio


Rita Levi Montalcini, Premio Nobel per la Medicina nel 1986 e Senatore a vita della Repubblica Italiana dal 2001, è mancata il 30 dicembre scorso a Roma, a 103 anni. La notizia della scomparsa dell'eminente scienziata italiana, forse la più grande nella storia del nostro paese, ha fatto rapidamente il giro del mondo mentre già iniziava il conto alla rovescia per il capodanno 2012.
Come è stato ricordato nei giorni scorsi, è stata una grandissima scienziata e una donna che ha reso onore al nostro paese per tutta la sua lunga e operosa vita, non hai smesso di lavorare e di impegnarsi per il progresso della scienza e per spronare i giovani a dedicarsi ad essa. Si deve inoltre almeno citare la Fondazione Rita Levi Montalcini onlus istituita nel 1992 per sostenere i giovani e in particolare le donne africane.
Sarebbe superfluo e inutile riportare qui la sua biografia e le sue scoperte scientifiche che si possono ritrovare facilmente altrove.


Quello che mi pare di dover sottolineare ricordando il Premio Nobel e la prima donna membro della Pontificia Accademia delle Scienze dal 1974, è la sua visione della scienza e il suo rapporto con la religione. Di origine ebrea, ma non praticante, la professoressa Montalcini rispose così quando Piergiorgio Oddifreddi, durante un'intervista riportata nel libro "Incontro con menti straordinarie" (2006), le chiese se credesse in Dio: "Sono atea. Non so cosa si intenda per credere in Dio". E purtroppo la scienziato lo rimase fino alla fine dei suoi giorni.

E sulla religione, nel libro "Elogio dell'imperfezione", la Montalcini scrisse: "Per la religione invece mi ero trovata in imbarazzo la prima volta che mi era stata rivolta la domanda, perché sull'argomento avevo idee vaghe. Ero ebrea, israelita o che diavolo altro?"
Inoltre, in occasione di un'altra intervista, sempre nel 2006, ebbe a dire: "Personalmente, pur dichiarandomi laica o meglio agnostica e libera pensatrice, mi ritengo tuttavia profondamente "credente", se per religione si intende credere nel bene e nel comportamento etico: non perseguendo questi principi, la vita non merita di essere vissuta".
Queste dichiarazioni confermano la rettitudine e la saggezza della Levi Montalcini, ma lasciano vedere, allo stesso tempo, un vuoto, una mancanza: come si può definire la "religione che crede nel bene e nel comportamento etico"?  In cosa consisterebbe? Chi definisce il bene e il comportamento etico? Pensando a questa così illustre e rigorosa scienziata, pare strano che abbia potuto davvero accettare una religione così debole e ridotta ad un'etica che non appare ben definita. Pare essere un'etica "fai da te", personale o personalizzata, che, purtroppo, facilmente può mutare a seconda delle situazioni e delle decisioni del singolo.

Più note sono le posizioni nel campo bioetico della scienziata, e in particolare a proposito dell'eutanasia, a favore della quale si era schierata in modo esplicito più volte, firmando con altri scienziati e politici l'appello per istituire legalmente il testamento biologico in Italia.
La Montalcini aveva affermato: «Nessuno ha il diritto di sopprimere la vita, l'eutanasia potrebbe essere concessa sempre e soltanto nella fase terminale di malattie che provocano gravi sofferenze, in seguito a processi degenerativi o neoplastici senza speranza di guarigione. Sono favorevole all'eutanasia soltanto per la propria persona attraverso un testamento "biologico" stilato, a norma di legge, in pieno possesso delle proprie facoltà mentali, nel quale si dichiari che, qualora non si fosse più in grado di possedere le facoltà di intendere e di volere, una commissione di medici esperti può porre fine alle gravi sofferenze o ad una vita priva di capacità cognitive».

Anche in questa dichiarazione si vede come la sua posizione sull'eutanasia sia molto debole e confusa: da un lato si afferma il diritto alla vita mentre dall'altro si propende per l'eutanasia nei casi gravi e se la persona ha stilato un testamento biologico. Quindi, a seconda dei casi e secondo la volontà del singolo.
In un'altra e forse ultima intervista, pubblicata come inedito su La Stampa il 31 dicembre scorso, sempre sul tema dell'eutanasia aveva commentato: «Sono stata molto attaccata per essermi espressa a favore dell’eutanasia. Personalmente penso che ognuno di noi ha il diritto di decidere della propria vita. C’è chi distingue tra eutanasia attiva ed eutanasia passiva. La passiva si limita a non eccedere nei rimedi terapeutici. Io sono per l’eutanasia attiva».
Ancora, in un'intervista rilasciata aLa 7 nel 2003, la Montalcini dichiarò di volere per se stessa l'eutanasia (letteralmente una "morte dignitosa") nel caso in cui la malattia la rendesse incapace di intendere e di volere. Siamo molto contenti che, almeno per quanto si è saputo, Rita Levi Montalcini abbia vissuto fino a 103 anni in buona salute e non abbia dovuto avvalersi dell'eutanasia perché la morte 'per eutanasia' non sarebbe stata una morte dignitosa e serena come invece quella che ha avuto e come tutti possono normalmente avere. La morte di per sé non è dignitosa se è dolce o indolore, la morte può essere 'buona' se è il punto di arrivo di una buona vita e si giunge al momento finale in pace con se stessi e tutti e in grazia di Dio.

Infine, tra le molte interviste che la professoressa ha rilasciato, è una nota positiva quanto ha dichiarato a Fabio Fazio sulla morte nel 2009: la Montalcini non aveva paura della morte - non temeva nulla - e si confermava una persona forte e sicura di se stessa, che voleva disinteressarsi di sé per capire il mondo, interessarsi agli altri e cercare di fare tutto il possibile per aiutarli. Purtroppo però la scienza non è l'unica strada da percorrere e non può risolvere tutti i problemi o i bisogni delle persone.

Nel caso specifico della scienziata, la morte improvvisa è stata la cosa migliore, per concludere in modo degno la sua esistenza così lunga e proficua e con ampie soddisfazioni e i più alti riconoscimenti sul piano professionale: l'eutanasia è infatti un arrendersi alla vita, è rinunciare a lottare, è non seguire e riconoscere la natura umana come è, che comprende anche il dolore, la malattia e richiede anche l'umiltà di accettare che la scienza, e la medicina in particolare, non possono guarire tutto.

Come tutti siamo nati - non creati dal nulla o dalla scienza che, anche lavorando alla FIVET in un laboratorio ha bisogno comunque degli spermatozoi maschili e degli ovuli femminili - così moriremo, senza che ci sia la necessità dell'intervento della scienza perché accada in modo più rapido e prima della scadenza naturale.
Speriamo che la scienziata ora possa rispondere alla domanda più importante e più difficile di tutte: "Chi è Dio?" Solo incontrandolo, conoscendolo e amandolo potrà rispondere e raggiungere così il risultato e il successo più alto che, sfortunatamente, non è riuscita ad ottenere nella vita terrena.

martedì 1 gennaio 2013

Il bosone di Higgs è la scoperta scientifica del 2012 secondo Science



E' notizia di pochi giorni fa che, secondo la ben nota rivista Science, la scoperta scientifica del 2012 è quella del bosone di Higgs, nota anche come "la particella di Dio", avvenuta il 4 luglio scorso al CERN di Ginevra (Svizzera) dopo decenni di ricerche.
L'importanza di una tale scoperta è stata evidente fin dai primissimi giorni e innumerevoli sono stati i commenti e le dichiarazioni sul suo significato e sul suo valore per la ricerca scientifica, cosa che ha reso ormai quasi familiare anche al grande pubblico questa particella, prima d'ora giustamente sconosciuta anche perché secondo il senso comune non "esisteva" nel mondo materiale.
Si può vedere questo breve video che presentava la notizia sul telegiornale delle 20.00 di RaiUno, proprio la sera dell'annuncio della scoperta:


Come dichiarato da molti studiosi, non solo quelli impegnati nella ricerca del bosone, ma anche quelli non coinvolti, la scoperta di questa particella è stato un risultato veramente importante - tanto che probabilmente entro breve tempo frutterà anche il Nobel per la fisica a Peter Higgs, recentemente premiato in patria dalla Regina d'Inghilterra - per la fisica quantistica e per la fisica teorica in particolare (area che a non pochi talvolta fa storcere il naso, perché la scienza ipotizzata sulla carta può sembrare poco realistica). In particolare, la scoperta di questo bosone, ipotizzato da Higgs quasi cinquant'anni fa, nel 1964, ha contribuito notevolmente a dimostrare come la fisica teorica meriti di essere coltivata per poi passare al livello sperimentale. Questa riflessione apre il campo ad alcune questioni di carattere filosofico che meritano di essere accennate.
In primis il fatto che la scienza, per progredire, si basa non soltanto su quanto è possibile 'toccare' o verificare empiricamente, ma anche su ipotesi, probabilità, previsioni e congetture che a volte, magari per molto tempo, non possono nemmeno essere 'popperianamente' confutate, ma che sono assolutamente necessarie perché il pensiero e la scienza possano continuare a fare passi avanti.
Anche la scienza ha, in un certo qual modo, bisogno della fantasia, dell'immaginazione e di credere nell'esistenza di qualcosa (particelle, fenomeni, ecc.) che non si è ancora 'visto' e, in certi casi, non è verificabile per mancanza di mezzi o strumenti (si pensi ad esempio alle ricerche di ambito spaziale e cosmologico).
Allo stesso tempo, però, la scienza non è qualcosa di soggettivo, dipendente dal contesto tanto da diventare 'relativa', ma al contrario, ha un valore di verità che è vero o falso. E' la realtà che può 'dire' (o meglio 'dare') se una certa ipotesi o delle teorie sono vere o false, ossia se corrispondono o meno alla realtà. La scienza, all'interno del suo campo di studio, e quindi all'interno dei suoi 'confini', è vera o falsa (ad esempio la forza di gravità è una verità scientifica, la velocità della luce misura sempre 300.000 km al secondo, ecc.).
Di conseguenza, grazie al successo di questa particella 'teorizzata', si sottolinea come la prospettiva realista sia importante e necessaria per qualsiasi scienziato che voglia comprendere la natura, capire 'come funziona' e quindi scoprirne le componenti, le leggi e le modalità di funzionamento. E' la realtà che risponderà alla scienza e dirà allo 'scienziato credente' se ha ragione o meno: è su questa base che la ricerca scientifica, da un lato, è universale, verificabile e oggettiva e, d'altra parte, è accessibile all'uomo che vuole conoscerla proprio perché si basa sulla realtà che è 'comune' sia al soggetto che indaga sia all'oggetto indagato.
Tale prospettiva porta ad affermare che scienza e religione sono fondate ambedue su un atteggiamento di fede che porta l'uomo ad andare al di là di quanto è o di quanto ha, perché animato dalla tensione a progredire, a capire in modo più approfondito, anche con lo scopo di migliorare la sua vita e quella della società, e a superare se stesso utilizzando la sua intelligenza e le capacità che in vario modo ha ereditato dai padri e/o ha sviluppato grazie alla scienza e alla tecnologia.
In definitiva, si tratta della sete di infinito che l'uomo ha in sé, sia credente o meno, che lo porta a non restare fermo o ad accontentarsi di quello che ha, perché in realtà nulla lo può mai soddisfare fino in fondo e in nessun ambito. Lo scienziato è attratto, e allo stesso tempo spinto oltre, anche dalla bellezza e dalla forza della natura, che lo porta a ricercare la verità e a vedere l'unità armoniosa di tutto quanto lo circonda, caratteristica che si ritrova nell'identificazione delle costanti e delle leggi di natura. 
La particella di Dio era stata oggetto di una fede ostinata per molto tempo, finché è stata trovata. Analogamente la fede in Dio richiede costanza e fedeltà, perché Dio non sempre si fa trovare, ma sovente lo si deve cercare, e la ricerca a volte è faticosa. Però, proprio come il bosone - ma senza bisogno di costruire o di saper usare LHC (Large Hadron Collider),  l'acceleratore di particelle lungo 27 km grazie al quale è stato possibile identificare il bosone - Dio lo si può trovare utilizzando altri mezzi spirituali e, una volta trovato, lo si può 'guardare' e continuare a 'studiare' per capirlo e conoscerlo meglio. A differenza del bosone di Higgs, Dio permette all'uomo di costruire con Lui l'unico rapporto diretto e personale che può realmente e definitivamente soddisfare e riempire d'infinito l'uomo.