giovedì 29 novembre 2012

"Una macchina può pensare?" La domanda di Turing è ancora valida oggi?



Il 2012, che si avvia ormai a concludersi, è stato anche l'Anno del centenario della nascita di Alan Mathison Turing (Londra 1912- Manchester, 7 giugno 1954), brillante logico e matematico inglese molto noto perché con il suo genio ha elaborato e anticipato molti dei concetti e delle idee che sono alla base della computer science e dell'Intelligenza Artificiale, basti ricordare qui la famosa
macchina di Turing.


Un celeberrimo articolo di Turing, pubblicato sulla rivista Mind nel 1950 aveva come titolo "Computing machinery and intelligence" in cui si chiedeva se "una macchina può pensare" e proponeva un test per verificarlo, mettendo di fronte un essere umano che interroga una 'macchina intelligente'.



Come è spiegato bene da Giulia Bonelli, il test è molto semplice: "una macchina e una persona si trovano in due stanze diverse, e rispondono a turno ad alcune domande formulate da una seconda persona". Nel test -  basato sul gioco dell'imitazione - l’intervistatore non deve essere in grado di distinguere la macchina dall’essere umano, e la macchina deve riuscire a convincerlo di essere un uomo anziché una donna (o viceversa). Se queste due condizioni sono rispettate allora il test è superato e la macchina (il computer) ha vinto sull'uomo.

Al di là del valore attuale del test di Turing, il punto su cui vorrei soffermarmi è la domanda e il suo significato. L'uomo e la macchina come si differenziano? Il pensiero della macchina è o può diventare come il pensiero umano?
Senza entrare nei dettaglia del valore del Test di Turing e del programma dell'Intelligenza Artificiale nella sua versione più forte, mi pare che, se anche trovassimo una macchina (un computer) che 'pensa', ossia che ragiona e si comporta così bene tanto da ingannare l'essere umano che gli sta di fronte, in realtà si tratterrebbe di un esperimento molto parziale, che non potrebbe dirsi in alcun modo riuscito, per almeno due motivi.

Il primo, e forse il più immediato, è che quella macchina, per quanto intelligente sia, è stata costruita dall'uomo, che l'ha programmata in base alla sua intelligenza e quindi non è qualcosa di paragonabile all'uomo essendo comunque un suo 'prodotto'.

Il secondo punto è che l'uomo non è riducibile alla sua intelligenza o al suo pensiero, intesi come 'ragione' e 'capacità di rispondere' a delle domande in modo valido, ovvero logicamente consequenziale o perché quanto dice sono informazioni corrette. Turing era un logico matematico, e quindi pensava che l'uomo è ragione e che la macchina 'per diventare uomo' doveva essere intelligente e dotata quindi di ragione.
Senza nulla togliere al valore di Turing e alle sue eccezionali intuizioni, l'uomo non potrà mai essere posto sullo stesso piano e a confronto con le macchine o, oggi, i robot. Infatti, ben oltre la ragione, l'uomo ha una sua dimensione 'altra' che non è alternativa alla ragione, né in contrasto con essa, ma che invece la completa in modo necessario e fa dell'essere umano la creatura unica e straordinaria tra tutti gli esseri viventi.

Certamente la ragione c'è, ed è fondamentale, ma cosa sarebbe un uomo senza fantasia, emozioni, sentimenti, capacità di relazionarsi con gli altri e, soprattutto, senza la sua capacità di auto-comprendersi, di trascendere sé stesso? Sarebbe un uomo estremamente 'povero', diremmo senz'anima, tanto che Blaise Pascal (un altro anniversario importante del 2012) aveva scritto nei suoi Pensées "L'uomo è solo una canna, la più fragile della natura; ma una canna che pensa" (n. 370). E, come spiega bene José Maria Galvan "Ci sono aspetti della persona umana che non sono traducibili totalmente in processi algoritmici, sono ad esempio quei processi guidati da una causalità finale, come le decisioni morali. [...] Un robot può fare gesti che assomigliano ad una carezza, ma non sarà mai una 'carezza'".

Qualcuno potrà forse ricordare a questo punto, però, che "il sonno della ragione genera mostri" e che la ragione è quindi ciò che permette all'uomo di non 'smarrirsi' una volta abbagliato e confuso da passioni, vizi, ideologie e così via, che vanno contro l'uomo stesso e che possono portarlo anche all'autodistruzione.
Quello che si deve ribadire è che la ragione dell'uomo certamente non deve addormentarsi, ma che nel contempo la ragione assoluta porta ugualmente a creare dei 'mostri'.
 Il razionalismo estremo porta alla nascita di forme di assolutismo e di rigorismo che negano all'uomo la libertà e la possibilità di sognare, inventare, credere e di lasciare che il pensiero possa dare vita ai grandi progetti e alle grandi opere che, non a caso, sia nel regno naturale sia nel campo dell'artificiale, sono sovente definite sbalorditive, incredibili e in una parola geniali, come geniale era senz'altro lo stesso Turing che aveva concepito il 'suo' test.

lunedì 19 novembre 2012

Al fisico Ugo Amaldi il Premio Internazionale Cultura Cattolica 2012



Venerdì scorso, 16 novembre, è stato assegnato a Ugo Amaldi, professore di fisica a Firenze e a Milano, dal 1973 senior scientist al CERN di Ginevra e promotore, nel 1992 a Pavia, della Fondazione TERA per l'utilizzo delle particelle pesanti nella cura di tumori radioresistenti, il Premio Internazionale Medaglia d'Oro al merito della Cultura Cattolica, ormai giunto alla sua 30esima edizione. 
Libro pubblicato
nel XXV anniversario

E' la prima volta che questo importante riconoscimento - istituito dalla Scuola di Cultura Cattolica di don Didimo Mantiero a Bassano del Grappa (Vicenza) nel 1983 per premiare personalità eminenti che si siano impegnate per promuovere in qualsiasi campo la cultura cattolica secondo l'espressione di Giovanni Paolo II "fare della fede cultura"- viene attribuito ad uno scienziato, dopo personaggi autorevoli quali ad esempio l'allora cardinale Joseph Ratzinger nel 1992, i cardinali. Ruini, Scola, Biffi e Caffarra, don Luigi Giussani, Michael Novak, Augusto del Noce, Cornelio Fabro, Eugenio Corti, Ettore Bernabei e Riccardo Muti.

 Per questa ragione il premio attributo a Amaldi, che è un premio e un riconoscimento al dialogo tra scienza e fede, è di estrema rilevanza e vale la pena riportare la motivazione: "Scienziato di fama internazionale, Ugo Amaldi è anche uomo di profonda fede. Il suo amore per la scienza, per la verità e per l’uomo appaiono sempre saldamente ancorati alla fiducia nello Spirito Santo. Non a caso i difficili dibattiti di questi anni su scienza e fede lo hanno visto tra i principali protagonisti. La sua competenza, il suo rigore rispetto a un concetto di ragione “ampio” e mai riduttivo, la sua straordinaria capacità di rendere comprensibili anche i problemi più intricati della fisica contemporanea fanno di lui uno dei testimoni più eloquenti, anche se discreti, di quanto la cultura cattolica sia oggi viva e vitale".
E.Amaldi (al centro)

Ugo Amaldi - figlio di Edoardo (1908 - 1989) uno dei 'ragazzi di via Panisperna' di Enrico Fermi -, è uno scienziato credente a cavallo tra il XX e il XXI secolo, un testimone luminoso del dialogo tra scienza e fede che ha saputo realizzare nella sua vita di uomo e scienziato una piena unità di vita incarnando appieno le due dimensioni da tanti considerate come alternative se non in contrasto. 
 In un'intervista, pubblicata su "Il Sussidiario", il premiato ha spiegato: "Penso che si possa integrare la razionalità scientifica con la fede che poi è espressione di quella che io chiamo ragionevolezza sapienziale e trova le sue radici nei libri sacri, nell'esperienza di vita dei santi, nella rivelazione. Sono due aspetti diversi del nostro stesso intelletto, che si coniugano con la ragione filosofica portandoci a guardare il mondo in modo unitario. In tal modo si può costituire una visone della realtà tale che il problema scienza-fede non si pone".

Don Didimo Mantiero (1912-1991) , dal cui carisma sono nate la Scuola di Cultura Cattolica di Bassano del Grappa e altre feconde iniziative - affermava "Non volli mai essere uno qualunque né adagiarmi in un quieto vivere che rompe mai la regola, che non viene meno a quell'apparente rispetto che qualche volta rasenta il servilismo. Volli fare di me un uno". E questa unità è data soltanto dalla verità, dal volerla cercare, dal trovarla e dal riconoscerla. 
Ancora don Mantiero spiegava: "Nella verità, la ragione dell'uomo trova finalmente la sua dimensione, allora essa si apre. E mentre la verità rende possibile la comunione, la comunione rende possibile la verità. [...] Allora la comunione è completa quando le persone sono riuscite a capire che amore e verità e vita sono la stessa cosa, che sono infiniti, che sono Gesù Cristo, che noi siamo dentro questa Persona. Allora la comunione tra le persone è veramente la sorgente della vita, della luce, della ricchezza". 
 
E, come si può anche evincere dalla lettura della Lectio Magistralis tenuta la sera di venerdì alla consegna del premio, Ugo Amaldi è stato un "uno" sostenendo e testimoniando l'unità armoniosa di fede e scienza.

domenica 11 novembre 2012

Benedetto XVI: c'è un' "urgente necessità del costante dialogo e cooperazione" tra scienza e fede. E ... perché?


"Nella grande impresa umana di cercare di schiudere i misteri dell'essere umano e dell'universo, sono convinto dell'urgente necessità del costante dialogo e cooperazione fra il mondo della scienza e quello della fede nel costruire una cultura del rispetto dell'uomo, della umana dignità e libertà, del futuro della nostra famiglia umana e dello sviluppo sostenibile a lungo termine del nostro pianeta. Senza questo scambio, le grandi questioni dell'umanità lasciano l'ambito della ragione e della verità, e sono abbandonate all'irrazionale, al mito, o all'indifferenza, con grave danno per l'umanità stessa, per la pace del mondo e il nostro destino ultimo". 

Penso che non pochi, leggendo il titolo del post e riportato anche su diversi giornali e agenzie di stampa si siano istintivamente chiesti: "Perché questo dialogo sarebbe così urgente e necessario?" . La risposta è data dallo stesso Pontefice, ma forse a qualcuno non appare del tutto convincente. Essendo impossibile spiegare le ragioni in modo approfondito - per questo rimando ad esempio al libro intitolato appunto Fede e Scienza. Un dialogo necessario di Benedetto XVI - J.Ratzinger (a cura di U. Casale), Lindau, Torino 2010  - propongo un esempio "pratico".
Guardate questo brevissimo video (90 secondi) parte del progetto Symphony of Science del musicista John D. Boswell - apparso su diversi siti web nei giorni scorsi e pare gradito a molti - in cui si riassume la storia del mondo, dal Big Bang alla conquista dello spazio (14 miliardi di anni):


Dopo averlo visto le domande che vi potreste porre sono. "E' un bel video, con un'ottima colonna sonora e immagini fantastiche ... ma la storia del mondo così com'è presentata che senso ha?", "Perché è accaduto tutto questo nell'universo e sulla Terra e perché l'uomo ha fatto tutto questo a che scopo?", "Cosa accadrà nel futuro e come sarà la fine del mondo e dell'universo?" o ancora "Prima del Big Bang cosa è accaduto, che cosa c'era?", "Quando apparve l'uomo realmente?" e infine "La vita sulla Terra è apparsa per caso o no, e come è nata?"


Tutte queste domande - e molte più dettagliate - trascendono la scienza e quanto essa potrà scoprire nel futuro: riguardano l'origine, il senso e la fine (o, meglio, il fine) dell'uomo e dell'universo e abitano, in modo implicito o esplicito, in ogni persona (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 282). Se riduciamo tutto alla scienza e a ciò che è spiegabile razionalmente, ossia scientificamente, o realizzabile da un punto di vista pratico o tecnologico, riduciamo l'uomo alla sola dimensione materiale e soffochiamo il suo anelito all'infinito, le sue domande esistenziali e togliamo il senso alla sua esistenza terrena. 
Per questa ragione, possiamo dire che scienza e fede devono collaborare, devono dialogare, forse attraverso la mediazione della filosofia, per dare un senso alla scienza stessa e a quello che può scoprire. 

lunedì 5 novembre 2012

La Cina vieta l'espianto degli organi dai corpi dei detenuti giustiziati: "atto immorale e non sostenibile"


E' stata resa pubblica lo scorso 2 novembre, giorno tradizionalmente dedicato al ricordo dei defunti nella religione cristiana, la notizia che il governo cinese ha - finalmente - vietato l'espianto di organi dai condannati a morte giustiziati a partire dall'anno prossimo, per arrivare a stabilire un nuovo sistema di reperimento degli organi entro i prossimi cinque anni definito dall'università di Hong Kong e dalla Croce Rossa.
Purtroppo, pare che questo modo di procurarsi gli organi per il trapianto fosse molto diffuso (nel 2009 due terzi degli organi trapiantati provenivano da detenuti giustiziati) e ben radicata nel paese dei mandarini: la Cina con 10.000 trapianti l'anno è il secondo paese del mondo dopo gli Stati Uniti e, nel contempo, è al primo posto nel mondo per le esecuzioni capitali secondo i dai ufficiali (che Amnesty International giudica però molto più bassi del reale). 
Tale situazione era da tempo ben nota anche in Occidente: già nel 2005 Huang Jiefu, vice ministro alla Salute, aveva ammesso che la maggior parte degli organi per i trapianti sono di condannati a morte. Si trattava, in poche parole, di un vero e proprio mercato degli organi, 'venduti' anche attraverso i siti internet dei centri di trapianto cinesi, con tanto di tariffario e tempistica per avere l'organo 'desiderato' (rene, fegato, cuore, ecc.). I 'clienti' erano ricchi cinesi, sovente residenti all'estero e a Hong Kong, giapponesi, coreani, ma anche americani. Proprio questo successo dei trapianti "made in China" aveva portato al crescere dei sospetti e delle proteste, tanto che il governo cinese negli ultimi anni aveva emanato alcuni 'regolamenti' che richiedevano il consenso scritto dei donatori, che i trapianti fossero eseguiti solo in ospedali e con medici specializzati e aveva chiesto agli stessi medici di aderire ad un codice etico che li impegnasse a rispettare i principi dell'arte etica.
La notizia dell'abolizione di tale pratica è buona per un duplice motivo. Innanzitutto, prelevare gli organi dai condannati a morte (talvolta accelerando l'esecuzione delle condanne per via della richiesta...) senza il consenso del condannato né della famiglia è assolutamente contrario alla dignità della vita umana e di ogni persona, di qualsiasi età, razza o sesso, indipendentemente dagli atti compiuti, anche se contrari alla morale o alla legge, pentendosi o meno. La dignità 'ontologica' di un uomo è e rimane sempre tale,dal concepimento fino alla morte, e ognuno, anche se colpevole di delitti e condannato giustamente deve essere sempre rispettato, sia in vita sia da morto (anche il cadavere di un uomo conserva una sua dignità). Non è ammissibile considerare il corpo del condannato giustiziato come un materiale a disposizione, che può fornire i 'pezzi di ricambio' per una logica di mercato che va al di là di ogni genere di solidarietà umana. Il fine - avere un organo da trapiantare ad una persona molto malata - in Cina le richieste sono un milione e mezzo all'anno - non giustifica i mezzi utilizzati per raggiungerlo. 
Benedetto XVI nel 2008 dichiarò: "Eventuali logiche di compravendita degli organi, come pure l'adozione di criteri discriminatori o utilitaristici, striderebbero talmente con il significato sotteso del dono che si porrebbero da sé fuori gioco, qualificandosi come atti moralmente illeciti".
Inoltre, il fatto importante è che forse in Cina si sta iniziando a comprendere che si devono rispettare i diritti umani, al di là di esigenze di ordine economico, sociale o secondo visioni politiche e ideologiche e indipendentemente dal riconoscere o meno una dimensione trascendente, dal professare o meno una fede. L'espianto degli organi dai corpi dei detenuti è stato definito un "atto immorale e non sostenibile" dal dott. Wang Haibo, Direttore del centro nazionale di ricerca per i trapianti del ministero della salute: tale dichiarazione è importantissima e forse può aprire un dibattito su altre pratiche cinesi che sono senz'altro definibili immorali e non sostenibili.
Probabilmente, anche la pressione dei mass media ha influito nel creare una crescente opposizione a un tale metodo e a mantenere alta una certa attenzione sulla questione. Si può citare l'inchiesta della BBC nel 2006 e la recentissima pubblicazione di qualche mese fa di un libro-denuncia dal titolo State Organs: Transplant Abuse in China (a cura di D.Matas e Dr. T. Trey, Seraphim Editions). Per questa ragione, vale la pena di continuare a parlare del rapporto tra scienza e religione ma non soltanto, di scienza e etica e di scienza e società, perché sia sempre ribadita la necessità di "fare una scienza per l'uomo" nella sua integralità, senza svantaggiare la parte più debole o calpestare i diritti dei più poveri e deboli a vantaggio dei ricchi e dei più forti.