martedì 30 ottobre 2012

Werner Arber, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, al Sinodo: "la conoscenza scientifica e la fede sono, e devono rimanere, elementi complementari del nostro sapere orientativo". E la notizia fa scalpore...



Al Sinodo dei vescovi sulla Nuova Evangelizzazione appena conclusosi, ha suscitato un certo interesse l'intervento del 12 ottobre, durante l'ottava congregazione generale, dal titolo "Riflessioni sulle relazioni tra le scienze e la fede religiosa" del prof. Werner Arber (Premio Nobel per la Medicina nel 1978 e professore di microbiologia al Biozentrum di Basilea (Svizzera), Presidente della Pontificia Accademia per le Scienze dal dicembre 2010.

La notizia è però che alcuni giornali e siti web/blog di orientamento non cattolico e talvolta contrario, hanno manifestato un certo stupore nel riportare il contenuto del discorso di Arber, considerando quanto affermato dal Premio Nobel una svolta importante nel riconoscere il valore della scienza per l'umanità e in particolare l'evoluzione biologica come un fatto scientifico.
In realtà, il Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze ha essenzialmente ribadito alcuni punti fondamentali che guidano il dialogo tra scienza e fede che la Chiesa ormai da tempo ha affermato, specialmente nel Magistero del Beato Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI e grazie al lavoro di alcuni teologi e filosofi. A questo riguardo si può citare un breve passo di uno dei tantissimi discorsi che il Beato Giovanni Paolo II ha dedicato al rapporto tra scienza e fede: "La scienza pura è un bene, degno di essere molto amato, perché è conoscenza e quindi perfezione dell’uomo nella sua intelligenza[...]. Sul suo secondo versante la scienza si rivolge all’applicazione pratica, che trova il suo pieno sviluppo nelle varie tecnologie. La scienza nella fase delle sue concrete realizzazioni è necessaria all’umanità per soddisfare le giuste esigenze della vita e per vincere vari mali che la minacciano. Non v’è dubbio che la scienza applicata ha portato e porterà degli immensi servizi all’uomo, purché sia ispirata dall’amore, regolata dalla saggezza"(10 novembre 1979, Discorso per la commemorazione della nascita di Albert Einstein).


Per quanto riguarda l'evoluzione, di nuovo lo stesso Pontefice aveva affermato in altra occasione che "Oggi, circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dell’Enciclica (Humani Generis di Pio XII, 22 agosto1950), nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione una mera ipotesi. È degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all’attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere. La convergenza, non ricercata né provocata, dei risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce di per sé un argomento significativo a favore di questa teoria" (22 ottobre 1996, Messaggio ai Partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze). Infine, come non citare la "settimana di studio", svoltasi nel 2006 a Castelgandolfo, che vide invitati da Benedetto XVI alcuni studiosi , suoi ex-studenti,  proprio per dibattere su  "Creazione ed Evoluzione"?

Senza dubbio, Werner Arber, ha l'autorevolezza e il merito di avere espresso alcuni punti fondamentali in modo chiaro e semplice, offrendone un'ottima sintesi davanti ad una platea così vasta e importante: speriamo che, superata la "freschezza" della notizia e archiviato il Sinodo, quanto ha affermato il prof. Arber sia ricordato e possa costituire un punto di non ritorno anche nei dibattiti mediatici e nei confronti, talvolta, accesi e senza 'fine' tra rappresentanti della scienza e quelli della religione, visti sempre come due opposte fazioni in perenne controversia.

La reazione così positiva al discorso di Werner Arber, applaudita, ad esempio, da Telmo Pievani il 22 ottobre scorso sul Corriere della Sera, che ha elogiato Arber per il suo coraggio per l'importante 'svolta', pur ponendo l'enfasi sull'accettazione dell'evoluzione darwiniana - quando in realtà Arber ha parlato dell'evoluzione come chiave di lettura generale e ha ben chiarito nella sua relazione che oltre alla selezione naturale "una molteplicità di diversi meccanismi specifici può contribuire alla generazione di nuove varianti genetiche" -, fa riflettere molto. Oggi è necessario che oltre ai Pontefici, ai teologi e ai filosofi, siano i laici, e in particolari gli scienziati, a parlare del rapporto tra scienza e fede e a spiegare ai propri colleghi, non di rado atei o agnostici, come non vi sia alcuna contrapposizione. E' infatti più facile che siano ascoltati e compresi e riescano efficacemente a porsi sullo stesso piano di discussione, iniziando a ragionare su scienza e fede. A questo riguardo può essere utile ritornare a leggere il post pubblicato la settimana scorsa proprio su questo argomento...

lunedì 22 ottobre 2012

L'Anno della Fede: una tappa obbligata e 'a richiesta' per progredire nel dialogo tra scienza e fede


Nell’anno della Fede - iniziato ufficialmente l'11 ottobre scorso - non potrà assolutamente mancare una riflessione sul dialogo tra scienza e fede. Nel Motu Proprio, lettera apostolica con il quale Benedetto XVI ha indetto l'Anno della Fede, si legge: “La fede, infatti, si trova ad essere sottoposta più che nel passato a una serie di interrogativi che provengono da una mutata mentalità che, particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche. La Chiesa tuttavia non ha mai avuto timore di mostrare come tra fede e autentica scienza non vi possa essere alcun conflitto perché ambedue, anche se per vie diverse, tendono alla verità”.
Già nel 1988, Giovanni Paolo II si era soffermato sulla sfida che rappresenta l'impegnarsi nel dialogo tra scienza e fede - in una lettera inviata a Padre George Coyne S.J., allora Direttore della Specola Vaticana - e si era chiesto: “E' pronta la comunità delle religioni del mondo, la Chiesa inclusa, ad entrare in un dialogo sempre più approfondito con la comunità scientifica, un dialogo che, salvaguardando l'integrità sia della religione sia della scienza, promuova allo stesso tempo il progresso di entrambe? E' preparata ora la comunità scientifica ad aprirsi al cristianesimo e anzi a tutte le grandi religioni del mondo, per lavorare insieme a costruire una cultura che sia più umana e in questo modo più divina? Abbiamo l'ardire di rischiare con l'onestà e col coraggio che tale compito richiede? Dobbiamo chiederci se scienza e religione contribuiranno all'integrazione della cultura umana più che alla sua frammentazione. E' una scelta obbligata che ci riguarda tutti”.

Certamente, il dialogo fra scienza e fede richiede un notevole sforzo da ambedue le parti per la sua evidente complessità e le difficoltà di vario tipo del passato e del presente, ma non è possibile 'farne a meno' se vogliamo che la conoscenza umana continui a progredire guardando al bene dell'uomo nella sua dimensione integrale.  Negli ultimi tempi, l'aspetto da sottolineare è che sono sempre di più gli scienziati che sentono la necessità di un'apertura alla dimensione spirituale e trascendente e auspicano un 'intervento' della religione dove la scienza non può arrivare. 
Ad esempio, Paul Davies, astrofisico e divulgatore scientifico, affermava già una dozzina di anni fa (2000): “Al nostro ingresso in un nuovo secolo probabilmente destinato ad essere dominato da formidabili progressi scientifici e tecnologici, il bisogno di una guida spirituale sarà più forte che mai. La scienza da sola non può provvedere adeguatamente ai nostri bisogni spirituali, ma qualsiasi religione che rifiuti di abbracciare la scoperta scientifica difficilmente sopravviverà nel XXII secolo. Nel XXI secolo la religione ha di fronte sfide straordinarie”.

Più recentemente, Francis Collins, genetista e direttore del Progetto Genoma Umano e dal 2009 membro della Pontificia Accademia delle Scienze, ha scritto ne' Il linguaggio di Dio (2006): “Il significato dell'esistenza umana, la realtà di Dio, la possibilità di una vita nell'aldilà e molte altre questioni spirituali sono fuori dalla portata del metodo scientifico; è tempo d'invocare una tregua nella lotta tra scienza e spirito. La scienza non è minacciata da Dio, né è arricchita. Ed è assolutamente certo che Dio non è minacciato dalla scienza, perché è stato lui a renderla possibile. Dunque, cerchiamo di recuperare insieme il solido terreno di una sintesi soddisfacente, a livello sia intellettuale, sia spirituale, di tutte le grandi verità”.

 L'Anno della Fede può essere una tappa-chiave per far progredire il dialogo tra scienza e fede - e più in generale quello fra ragione e fede - e rispondere così a una delle sfide più importanti del XXI secolo, come Benedetto XVI ha affermato in più occasioni. Anche questo piccolo blog - nato proprio all'inizio dell'Anno della Fede - vorrebbe provare a dare un suo contributo, “ragionando su scienza & religione”...

sabato 13 ottobre 2012

Il Nobel alla ricerca sulle cellule staminali adulte, un premio alla scienza per l'uomo


Il 7 ottobre è stato assegnato a Stoccolma il Premio Nobel per la medicina 2012 a due ricercatori, il britannico John Gurdon e al giapponese Shinya Jamanaka, per il loro lavoro sulle cellule staminali adulte (Adult Stem Cells) e in particolare perché “le loro scoperte – si legge nella motivazione del premio – hanno rivoluzionato la nostra comprensione della maniera in cui le cellule e gli organismi si sviluppano». I due scienziati, lavorando in modo autonomo, ma complementare, hanno dato un contributo fondamentale alla ricerca sulle staminali adulte, perché, prima dei loro studi, si pensava che solo dalle embrionali si potessero ottenere le cellule 'pluripotenti' (Induced Pluripotent Stem Cells) che permettono lo sviluppo di qualsiasi tessuto. 
E' stato definito subito il 'premio alle cellule staminali etiche' per distinguere bene questa ricerca da quella concorrente sulle cellule staminali embrionali (Embryonic Stem Cells) che non può essere approvata dalla Chiesa perché queste ultime si ottengono necessariamente distruggendo embrioni umani vivi (sia che siano creati apposta, sia che siano abbandonati come 'resti' dei processi di fecondazione artificiali in vitro) e, quindi, tale tecnica implica che si commetta un male per ottenere un bene e, come si sa, “il fine non giustifica i mezzi”. Da diversi anni il Magistero della Chiesa si è espresso chiaramente su questo tema e in particolare nella “Dichiarazione sulla produzione e sull'uso scientifico e terapeutico delle cellule staminali embrionali umane” (24 agosto 2000), elaborato dalla Pontificia Accademia della Vita, si trovano ben spiegati i problemi etici connessi all'utilizzo delle cellule staminali embrionali. Inoltre, da un punto di vista strettamente scientifico e medico, sono da ribadire

alcuni aspetti molto importanti, ma forse non ancora del tutto noti all'opinione pubblica: le cellule staminali adulte garantiscono una maggiore stabilità rispetto a quelle embrionali e quindi, nei soggetti trattati, l'insorgenza di tumori è meno probabile. Inoltre, l'estrazione delle cellule adulte è assai meno complessa rispetto a quella delle cellule embrionali, specialmente nel caso in cui si debbano prima creare gli embrioni in vitro da cui estrarle. Infine, l'utilizzo e la ricerca basata sulle staminali adulte ha già dato alcuni risultati terapeutici positivi e documentati e appare un campo di ricerca tra i più promettenti dei prossimi anni mentre, al momento, stentano molto quelli ottenuti attraverso la ricerca con le embrionali.
Per queste ragioni, il Nobel a Gurdon e Yamanaka ha ricevuto il plauso dei cattolici, ma è rilevante soprattutto perché è un premio alla scienza che, mirando giustamente a procurare benefici per la società, agisce sempre rispettando l'uomo e la sua dignità, a qualsiasi grado di sviluppo sia, compreso quello embrionale, perché una scienza della e per la vita non può prescindere dalla vita stessa, se non andando contro natura. Scienza e religione non possono essere più che d'accordo...