martedì 25 dicembre 2012

21.12.12: la fine del mondo Maya: tra 'scienza e religione'?

Ormai da diverso tempo in tutto il mondo la data del 21 dicembre 2012 era ben nota come la 'fine del mondo' secondo il calendario Maya e sembra che non pochi ci avessero creduto o almeno si fossero fermati a pensarci... Qualcuno soltanto andando ad una festa, altri comprando una casa o andando a rifugiarsi in uno dei pochi paesi dove la fine del mondo non sarebbe arrivata (in Italia ad esempio nel paese dei trulli, Alberobello in Puglia) e altri ancora facendosi costruire addirittura un bunker...

Al di là del business che la profezia Maya ha sicuramente fatto fiorire, in realtà non si è trattato di niente di nuovo sotto il sole, tranne il fatto che questa volta si ha la nota esotica Maya: in passato l'ansia per la fine del mondo aveva già attraversato il primo millennio (con il noto detto "mille e non più mille") e anche il nostro secondo millennio (il timore del "millennium bug") o le diverse profezie di Nostradamus o ancora il pericolo costante di asteroidi e comete che potrebbero cadere sulla Terra.

Per chi non lo sapesse c'è un pericolo più reale all'orizzonte: l'asteroide Apophis (nome di un dio egizio che significa "il distruttore"), scoperto nel 2004, potrebbe 'cascare' sulla Terra nel 2029, ma, in generale, pare che siano più di 400 i corpi che, secondo la Nasa, potrebbero colpire la Terra nei prossimi 100 anni. Quindi, ci saranno molte altre occasioni per prepararsi alle altre possibili "fini del mondo".

Al di là dei dettagli sui calendari Maya, è importante cercare di capire come mai un simile notizia abbia ottenuto questo grande successo di pubblico, fino a coinvolgere alcuni in modo non superficiale.
Non si trattava, infatti, né di una previsione scientifica (basata su dati storici o empirici), né di un evento di matrice religiosa. E allora, su quale base si fondava?
Come ormai è stato ampiamente dimostrato, il calendario Maya in cui appare questa data è soltanto uno dei vari esistenti. Un altro, recentemente scoperto, non porta questa data. Inoltre, com'è noto, i calendari di per sé non prevedono il futuro, né l'accadere degli eventi: questa è un'interpretazione dei calendari che tra l'altro è stata smentita ufficialmente da studiosi della civiltà Maya. Ad esempio, è stato spiegato come il tempo ciclico non aveva termine, ma appunto era ciclico: il 21 dicembre 2012 starebbe quindi casomai ad indicare la fine del ciclo e l'inizio di un altro, non certo la fine del mondo.
Può essere quindi interessante vedere questo video proposto da Piero Angela nell'ambito del programma SuperQuark:


Dal punto di vista scientifico, per smentire la validità della profezia Maya e la varie ipotesi di catastrofi che sono state elaborate - come l'inversione dei poli, il pianeta Nibiru o il pianeta X, le conseguenze nefaste dell'allineamento dei pianeti - molti scienziati sono scesi in campo, e senz'altro può essere molto interessante leggere le risposte che David Morrison, senior scientist del NAI (NASA Astrobiology Institute), ha dato nel blog Ask an Astrobiologist ("Chiedi ad un astrobiologo") disponibile anche in traduzione italiana.

Dal punto di vista religioso, nella fede cristiana si parla naturalmente della fine del mondo, del giudizio universale e in particolare dell'Apocalisse, ma non bisogna confondere i piani. La fine del mondo è qualcosa che riguarda il singolo e la storia della sua vita personale, per cui si può dire che in primis la fine del mondo sia la fine della sua vita terrena, dopo la quale si aprirà la vita eterna. Di per sé, la fine del mondo nella prospettiva cristiana non è qualcosa da temere o da cui scappare per salvarsi: anzi, al contrario, chi ama Dio lo aspetta e non vede l'ora d'incontrarlo perché sa che la sua vita e quella del mondo non è quella 'vera', ma è solo una prima fase, transitoria e irta di difficoltà, che ha lo scopo di preparare la seconda fase, la vita immortale.

La base del successo della profezia Maya è, in un certo qual modo, mitica e irrazionale e legata anche a interpretazioni cabalistiche. L'uomo del XXI secolo dimostra, in questo caso, di non essere così secolarizzato e 'disilluso', ma semmai che, forse, senza solidi fondamenti - che siano la fede religiosa o altre convinzioni o credenze - è ancora più smarrito. In questo modo diventa facilmente 'preda' di qualsiasi inganno o, peggio, di chi, 'travestendosi' da capo religioso, da santone o da mago, in realtà vuole irretire le persone, mirando a coinvolgerle sul piano fisico-mentale e talvolta mirando anche anche ad un guadagno economico.

Questo è il rischio che si manifesta quando la ragione e la fede vengono negate o rifiutate: l'uomo non può condurre una vita senza alcun principio in cui credere, che guidi la sua vita dandole un senso e una speranza. Senza ragione né fede l'uomo è debole, cade in una forma di scetticismo e agnosticismo in cui regna il 'non sapere', da un parte, e, dall'altra, la vanità, la superficialità, l'egoismo e l'edonismo, che però rimangono senza sbocco. L'uomo, ridotto in questo stato, è estremamente solo, pronto a cadere nella rete di chi gli propone o gli presenta una via o un fine a cui guardare o a cui credere, che fa riemergere il suo anelito all'infinito e a qualcosa che trascende se stesso ma che rischia di condurlo completamente fuori strada, come accade sovente con i movimenti sorti nell'ambito del New Age.

domenica 9 dicembre 2012

Quando la fantascienza provoca la teologia: gli extraterrestri sono stati salvati da Gesù Cristo?


E' notizia assai recente la pubblicazione del libro di Armin Kreiner, professore di teologia fondamentale alla Ludwig Maximilians-Universität di Monaco, intitolato Gesù, gli Ufo e gli alieni. L'intelligenza extraterreste come sfida alla teologia cristiana, pubblicato da Queriniana, in cui l'autore si chiede cosa potrebbe dire la teologia cristiana se un domani si scoprisse una civiltà di essere extraterrestri intelligenti in qualche angolo della nostra galassia o dell'universo. 
Ammettendo che questa ipotesi sia possibile, come l'autore ritiene che sia, il problema verte sulla figura di Gesù Cristo e sulla sua incarnazione, avvenuta una sola volta storicamente e con un valore salvifico è "unico" e universale per tutti gli uomini e per tutto il creato, per tutto il cosmo. 
Gli extraterrestri sarebbero comunque stati salvati da Gesù Cristo, come parte del creato? E che ruolo avrebbero e che posizione occuperebbero tra gli essere viventi, accanto all'uomo o nel regno animale? Ma la redenzione dell'uomo operata da Gesù Cristo - che ha assunto la "natura umana" apposta per 'ribaltare' quanto fatto da un altro uomo, Adamo, ossia per cancellare il peccato originale di cui l'uomo si è macchiato - come andrebbe vista "in ottica extraterrestre"?

Armin Kreiner
E' evidente che la questione in gioco è tanto delicata quanto profonda: un proposta è data dallo stesso Kreiner, sulla base delle dottrine teologiche elaborate da San Bonavenuta e Duns Scoto che vedono l'incarnazione di Gesù Cristo in chiave cosmica, senza un riferimento al peccato umano originale.
Come spiegato da Andrea Aguti, autore dell'introduzione all'edizione italiana del libro, secondo questa visione Dio
avrebbe potuto agire in modo simile su altri mondi possibili, in forme diverse da quanto avvenuto per noi 'terrestri' su questo nostro piccolo pianeta Terra del sistema solare. Sarebbe dunque da collocare il discorso su un piano diverso, quello proprio della filosofia e della teologia delle religioni, ponendo a confronto popoli diversi e sconosciuti e le loro religioni. 
Ma, come ha spiegato a questo riguardo il Cardinale Gianfranco Ravasi "in questa linea l'Incarnazione diverrebbe non più una realtà storica singolare, ma si sfrangerebbe in tante epifanie quante sono le eventuali umanità disperse nell'universo o nel mulitiverso astrofisico". Senza andare oltre con quanto la fantascienza può suggerire e con quanto si può elaborare con una "fantateologia" - anche se una certa riflessione, anche teologica, è stata anche elaborata nel corso del '900 non disdegnando di toccare alcuni punti caldi - questo è un esempio di come la scienza può provocare la religione con le scoperte e le prospettive che può aprire, spingendola così ad approfondire la ricerca teologica e a continuare la riflessione e lo studio della Rivelazione parallelamente a quanto ancora si scopre e si comprende del mondo della natura. 

Nel 1988, Giovanni Paolo II in una nota lettera a Padre George Coyne, allora Direttore della Specola Vaticana, aveva scritto: "Gli sviluppi odierni della scienza provocano la teologia molto più profondamente di quanto fece nel XIII secolo l'introduzione di Aristotele nell'Europa occidentale. Inoltre questi sviluppi offrono alla teologia una risorsa potenziale importante. Proprio come la filosofia aristotelica, per il tramite di eminenti studiosi come san Tommaso d'Aquino, riuscì finalmente a dar forma ad alcune delle più profonde espressioni della dottrina teologica, perché non potremmo sperare che le scienze di oggi, unitamente a tutte le forme del sapere umano, possano corroborare e dar forma a quelle parti della teologia riguardanti i rapporti tra natura, umanità e Dio?".

Mi pare però che sia importante sottolineare - d'accordo con quanto detto dal teologo Giuseppe Tanzella-Nitti  che, commentando questo argomento, ha invitato ad utilizzare una corretta epistemologia scientifica e teologica allo stesso tempo - che non a tutte le domande o le ipotesi (o "provocazioni") poste dalla scienza o da qualche studioso, la teologia deve sentirsi chiamata in causa e soprattutto obbligata a dare un risposta.

Di norma, è già molto difficile ragionare sulle ipotesi o le probabilità e non si può fare altro che proporre altre ipotesi o al più delle previsioni e provare a disegnare soltanto diversi scenari possibili. Ma in teologia, e in particolare affrontando temi di questa natura, il discorso è ancora più arduo perché la Rivelazione è stata 'donata' all'uomo in questa forma e con determinate caratteristiche e pertanto non si presta ad essere aperta a cambiamenti o interpretazioni basate su altre "scale" da noi inventate o basate su eventualità molto distanti dall'attuale realtà.  Al momento, e forse al contrario di quello che alcuni potrebbero pensare, è bene che la teologia resti ben salda con i piedi per terra, senza spaziare al di fuori di quanto le compete, e continuare a credere nella redenzione  operata da Gesù Cristo come evento unico e universale, senza  per questo pensare o poter affermare in nessun modo che qualcuno ne sia stato escluso o non ne possa comunque partecipare in altri modi.  

mercoledì 5 dicembre 2012

Grazie a Murray, donare un organo per il trapianto è un gesto eroico secondo il Vangelo della Vita

Joseph Edward Murray
(1919-2012)
E' notizia di pochi giorni fa la scomparsa del medico chirurgo statunitense Joseph Edward Murray (Milford, Massachussets, 1919), avvenuta per un ictus all'età di 93 anni a Boston lo scorso 26 novembre. 
Premio Nobel nel 1990, Murray è stato il pioniere dei trapiantiil primo ad effettuarne uno con successo tra due gemelli di 23 anni, uno gravemente malato di cancro al rene e l'altro donatore, nel 1954. Il malato riuscì a vivere per 8 anni, il donatore fino a 79. 
Negli anni '60, Murray scoprì i farmaci anti-rigetto, in particolare l'azatioprina, e iniziò così a fare i trapianti tra non parenti. Dopo oltre mezzo secolo, i trapianti di organi oggi sono una realtà - quasi una routine - e in ogni ospedale ci sono liste di attesa che, a volte, richiedono al paziente anni di speranza, ma che possono davvero costituire la fine di una grande sofferenza e l'inizio di una nuova vita. Per questa ragione, le campagne di sensibilizzazione per la donazione degli organi sono molto importanti, perché ancora una certa parte dell'opinione pubblica teme le modalità dell'espianto degli organi, ossia che si acceleri la dichiarazione di morte di una persona per poter prelevare gli organi ex cadavere il prima possibile. 


Perplessità e dubbi di natura etica animavano lo stesso Murray, cattolico praticante (e membro della Pontificia Accademia delle Scienze dal 1996) che, prima di programmare il primo trapianto, aveva chiesto pareri e consigli a religiosi. Anche la Chiesa ha da tempo ben presente i problemi di carattere medico-etico tanto che nel Catechismo è scritto "il trapianto di organi è conforme alla legge morale se i danni e i rischi fisici e psichici in cui incorre il donatore sono proporzionati al bene che si cerca per il destinatario. [...] Non è moralmente accettabile se il donatore o i suoi aventi diritto non vi hanno dato il loro esplicito consenso. È inoltre moralmente inammissibile provocare direttamente la mutilazione invalidante o la morte di un essere umano, sia pure per ritardare il decesso di altre persone" (n. 2296).
La Chiesa si è espressa chiaramente e in diverse occasioni a favore di questa conquista della medicina moderna; ad esempio, Giovanni Paolo II nel 1991, in occasione di un discorso ad un congresso sui trapianti d'organi, disse che "dobbiamo rallegrarci che la medicina nel suo servizio alla vita, abbia trovato nel trapianto di organi un nuovo modo di servire la famiglia umana, e proprio tutelando quel bene fondamentale della persona".
Nell'enciclica Evangelium Vitae si legge ancora che i gesti eroici sono "la celebrazione più solenne del Vangelo della vita, perché lo proclamano con il dono totale di sé; sono la manifestazione luminosa del grado più elevato di amore, che è dare la vita per la persona amata" e che "merita particolare apprezzamento la donazione di organi compiuta in forme eticamente accettabili, per offrire una possibilità di salute e perfino di vita a malati talvolta privi di speranza" n. 86).

Naturalmente è importante che la donazione degli organi rispetti la vita, sia del donatore sia del malato; donare un organo è infatti un atto di amore e, se non è un atto libero della persona - e quindi risultato di una scelta della volontà umana -, non può essere tale. L'amore non può essere infatti 'obbligato' o 'forzato', altrimenti non è più amore. Il donatore deve essere informato e scegliere liberamente, così come devono farlo i parenti eventualmente coinvolti: la donazione è scelta etica perché, citando un altro discorso di Giovanni Paolo II al congresso internazionale dei trapianti nel 2000, consiste nella "decisione di offrire, senza ricompensa, una parte del proprio corpo per la salute ed il benessere di un'altra persona".
Dunque, se ben orientata  e condotta secondo i giusti principi etici, la scienza, e in questo caso la medicina in particolare, può offrire alla religione la possibilità di esprimersi efficacemente, dimostrando con opere concrete a cosa può portare la fede e l'amore per il prossimo, chiunque egli sia, anche uno sconosciuto. La scienza si rivela quindi come meraviglioso strumento a favore della vita dell'uomo e dell'amore e della solidarietà fra gli uomini e, a sua volta, riceve il suo pieno significato proprio nell'assumere un valore che la trascende elevandola ad un piano soprannaturale.


giovedì 29 novembre 2012

"Una macchina può pensare?" La domanda di Turing è ancora valida oggi?



Il 2012, che si avvia ormai a concludersi, è stato anche l'Anno del centenario della nascita di Alan Mathison Turing (Londra 1912- Manchester, 7 giugno 1954), brillante logico e matematico inglese molto noto perché con il suo genio ha elaborato e anticipato molti dei concetti e delle idee che sono alla base della computer science e dell'Intelligenza Artificiale, basti ricordare qui la famosa
macchina di Turing.


Un celeberrimo articolo di Turing, pubblicato sulla rivista Mind nel 1950 aveva come titolo "Computing machinery and intelligence" in cui si chiedeva se "una macchina può pensare" e proponeva un test per verificarlo, mettendo di fronte un essere umano che interroga una 'macchina intelligente'.



Come è spiegato bene da Giulia Bonelli, il test è molto semplice: "una macchina e una persona si trovano in due stanze diverse, e rispondono a turno ad alcune domande formulate da una seconda persona". Nel test -  basato sul gioco dell'imitazione - l’intervistatore non deve essere in grado di distinguere la macchina dall’essere umano, e la macchina deve riuscire a convincerlo di essere un uomo anziché una donna (o viceversa). Se queste due condizioni sono rispettate allora il test è superato e la macchina (il computer) ha vinto sull'uomo.

Al di là del valore attuale del test di Turing, il punto su cui vorrei soffermarmi è la domanda e il suo significato. L'uomo e la macchina come si differenziano? Il pensiero della macchina è o può diventare come il pensiero umano?
Senza entrare nei dettaglia del valore del Test di Turing e del programma dell'Intelligenza Artificiale nella sua versione più forte, mi pare che, se anche trovassimo una macchina (un computer) che 'pensa', ossia che ragiona e si comporta così bene tanto da ingannare l'essere umano che gli sta di fronte, in realtà si tratterrebbe di un esperimento molto parziale, che non potrebbe dirsi in alcun modo riuscito, per almeno due motivi.

Il primo, e forse il più immediato, è che quella macchina, per quanto intelligente sia, è stata costruita dall'uomo, che l'ha programmata in base alla sua intelligenza e quindi non è qualcosa di paragonabile all'uomo essendo comunque un suo 'prodotto'.

Il secondo punto è che l'uomo non è riducibile alla sua intelligenza o al suo pensiero, intesi come 'ragione' e 'capacità di rispondere' a delle domande in modo valido, ovvero logicamente consequenziale o perché quanto dice sono informazioni corrette. Turing era un logico matematico, e quindi pensava che l'uomo è ragione e che la macchina 'per diventare uomo' doveva essere intelligente e dotata quindi di ragione.
Senza nulla togliere al valore di Turing e alle sue eccezionali intuizioni, l'uomo non potrà mai essere posto sullo stesso piano e a confronto con le macchine o, oggi, i robot. Infatti, ben oltre la ragione, l'uomo ha una sua dimensione 'altra' che non è alternativa alla ragione, né in contrasto con essa, ma che invece la completa in modo necessario e fa dell'essere umano la creatura unica e straordinaria tra tutti gli esseri viventi.

Certamente la ragione c'è, ed è fondamentale, ma cosa sarebbe un uomo senza fantasia, emozioni, sentimenti, capacità di relazionarsi con gli altri e, soprattutto, senza la sua capacità di auto-comprendersi, di trascendere sé stesso? Sarebbe un uomo estremamente 'povero', diremmo senz'anima, tanto che Blaise Pascal (un altro anniversario importante del 2012) aveva scritto nei suoi Pensées "L'uomo è solo una canna, la più fragile della natura; ma una canna che pensa" (n. 370). E, come spiega bene José Maria Galvan "Ci sono aspetti della persona umana che non sono traducibili totalmente in processi algoritmici, sono ad esempio quei processi guidati da una causalità finale, come le decisioni morali. [...] Un robot può fare gesti che assomigliano ad una carezza, ma non sarà mai una 'carezza'".

Qualcuno potrà forse ricordare a questo punto, però, che "il sonno della ragione genera mostri" e che la ragione è quindi ciò che permette all'uomo di non 'smarrirsi' una volta abbagliato e confuso da passioni, vizi, ideologie e così via, che vanno contro l'uomo stesso e che possono portarlo anche all'autodistruzione.
Quello che si deve ribadire è che la ragione dell'uomo certamente non deve addormentarsi, ma che nel contempo la ragione assoluta porta ugualmente a creare dei 'mostri'.
 Il razionalismo estremo porta alla nascita di forme di assolutismo e di rigorismo che negano all'uomo la libertà e la possibilità di sognare, inventare, credere e di lasciare che il pensiero possa dare vita ai grandi progetti e alle grandi opere che, non a caso, sia nel regno naturale sia nel campo dell'artificiale, sono sovente definite sbalorditive, incredibili e in una parola geniali, come geniale era senz'altro lo stesso Turing che aveva concepito il 'suo' test.

lunedì 19 novembre 2012

Al fisico Ugo Amaldi il Premio Internazionale Cultura Cattolica 2012



Venerdì scorso, 16 novembre, è stato assegnato a Ugo Amaldi, professore di fisica a Firenze e a Milano, dal 1973 senior scientist al CERN di Ginevra e promotore, nel 1992 a Pavia, della Fondazione TERA per l'utilizzo delle particelle pesanti nella cura di tumori radioresistenti, il Premio Internazionale Medaglia d'Oro al merito della Cultura Cattolica, ormai giunto alla sua 30esima edizione. 
Libro pubblicato
nel XXV anniversario

E' la prima volta che questo importante riconoscimento - istituito dalla Scuola di Cultura Cattolica di don Didimo Mantiero a Bassano del Grappa (Vicenza) nel 1983 per premiare personalità eminenti che si siano impegnate per promuovere in qualsiasi campo la cultura cattolica secondo l'espressione di Giovanni Paolo II "fare della fede cultura"- viene attribuito ad uno scienziato, dopo personaggi autorevoli quali ad esempio l'allora cardinale Joseph Ratzinger nel 1992, i cardinali. Ruini, Scola, Biffi e Caffarra, don Luigi Giussani, Michael Novak, Augusto del Noce, Cornelio Fabro, Eugenio Corti, Ettore Bernabei e Riccardo Muti.

 Per questa ragione il premio attributo a Amaldi, che è un premio e un riconoscimento al dialogo tra scienza e fede, è di estrema rilevanza e vale la pena riportare la motivazione: "Scienziato di fama internazionale, Ugo Amaldi è anche uomo di profonda fede. Il suo amore per la scienza, per la verità e per l’uomo appaiono sempre saldamente ancorati alla fiducia nello Spirito Santo. Non a caso i difficili dibattiti di questi anni su scienza e fede lo hanno visto tra i principali protagonisti. La sua competenza, il suo rigore rispetto a un concetto di ragione “ampio” e mai riduttivo, la sua straordinaria capacità di rendere comprensibili anche i problemi più intricati della fisica contemporanea fanno di lui uno dei testimoni più eloquenti, anche se discreti, di quanto la cultura cattolica sia oggi viva e vitale".
E.Amaldi (al centro)

Ugo Amaldi - figlio di Edoardo (1908 - 1989) uno dei 'ragazzi di via Panisperna' di Enrico Fermi -, è uno scienziato credente a cavallo tra il XX e il XXI secolo, un testimone luminoso del dialogo tra scienza e fede che ha saputo realizzare nella sua vita di uomo e scienziato una piena unità di vita incarnando appieno le due dimensioni da tanti considerate come alternative se non in contrasto. 
 In un'intervista, pubblicata su "Il Sussidiario", il premiato ha spiegato: "Penso che si possa integrare la razionalità scientifica con la fede che poi è espressione di quella che io chiamo ragionevolezza sapienziale e trova le sue radici nei libri sacri, nell'esperienza di vita dei santi, nella rivelazione. Sono due aspetti diversi del nostro stesso intelletto, che si coniugano con la ragione filosofica portandoci a guardare il mondo in modo unitario. In tal modo si può costituire una visone della realtà tale che il problema scienza-fede non si pone".

Don Didimo Mantiero (1912-1991) , dal cui carisma sono nate la Scuola di Cultura Cattolica di Bassano del Grappa e altre feconde iniziative - affermava "Non volli mai essere uno qualunque né adagiarmi in un quieto vivere che rompe mai la regola, che non viene meno a quell'apparente rispetto che qualche volta rasenta il servilismo. Volli fare di me un uno". E questa unità è data soltanto dalla verità, dal volerla cercare, dal trovarla e dal riconoscerla. 
Ancora don Mantiero spiegava: "Nella verità, la ragione dell'uomo trova finalmente la sua dimensione, allora essa si apre. E mentre la verità rende possibile la comunione, la comunione rende possibile la verità. [...] Allora la comunione è completa quando le persone sono riuscite a capire che amore e verità e vita sono la stessa cosa, che sono infiniti, che sono Gesù Cristo, che noi siamo dentro questa Persona. Allora la comunione tra le persone è veramente la sorgente della vita, della luce, della ricchezza". 
 
E, come si può anche evincere dalla lettura della Lectio Magistralis tenuta la sera di venerdì alla consegna del premio, Ugo Amaldi è stato un "uno" sostenendo e testimoniando l'unità armoniosa di fede e scienza.

domenica 11 novembre 2012

Benedetto XVI: c'è un' "urgente necessità del costante dialogo e cooperazione" tra scienza e fede. E ... perché?


"Nella grande impresa umana di cercare di schiudere i misteri dell'essere umano e dell'universo, sono convinto dell'urgente necessità del costante dialogo e cooperazione fra il mondo della scienza e quello della fede nel costruire una cultura del rispetto dell'uomo, della umana dignità e libertà, del futuro della nostra famiglia umana e dello sviluppo sostenibile a lungo termine del nostro pianeta. Senza questo scambio, le grandi questioni dell'umanità lasciano l'ambito della ragione e della verità, e sono abbandonate all'irrazionale, al mito, o all'indifferenza, con grave danno per l'umanità stessa, per la pace del mondo e il nostro destino ultimo". 

Penso che non pochi, leggendo il titolo del post e riportato anche su diversi giornali e agenzie di stampa si siano istintivamente chiesti: "Perché questo dialogo sarebbe così urgente e necessario?" . La risposta è data dallo stesso Pontefice, ma forse a qualcuno non appare del tutto convincente. Essendo impossibile spiegare le ragioni in modo approfondito - per questo rimando ad esempio al libro intitolato appunto Fede e Scienza. Un dialogo necessario di Benedetto XVI - J.Ratzinger (a cura di U. Casale), Lindau, Torino 2010  - propongo un esempio "pratico".
Guardate questo brevissimo video (90 secondi) parte del progetto Symphony of Science del musicista John D. Boswell - apparso su diversi siti web nei giorni scorsi e pare gradito a molti - in cui si riassume la storia del mondo, dal Big Bang alla conquista dello spazio (14 miliardi di anni):


Dopo averlo visto le domande che vi potreste porre sono. "E' un bel video, con un'ottima colonna sonora e immagini fantastiche ... ma la storia del mondo così com'è presentata che senso ha?", "Perché è accaduto tutto questo nell'universo e sulla Terra e perché l'uomo ha fatto tutto questo a che scopo?", "Cosa accadrà nel futuro e come sarà la fine del mondo e dell'universo?" o ancora "Prima del Big Bang cosa è accaduto, che cosa c'era?", "Quando apparve l'uomo realmente?" e infine "La vita sulla Terra è apparsa per caso o no, e come è nata?"


Tutte queste domande - e molte più dettagliate - trascendono la scienza e quanto essa potrà scoprire nel futuro: riguardano l'origine, il senso e la fine (o, meglio, il fine) dell'uomo e dell'universo e abitano, in modo implicito o esplicito, in ogni persona (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 282). Se riduciamo tutto alla scienza e a ciò che è spiegabile razionalmente, ossia scientificamente, o realizzabile da un punto di vista pratico o tecnologico, riduciamo l'uomo alla sola dimensione materiale e soffochiamo il suo anelito all'infinito, le sue domande esistenziali e togliamo il senso alla sua esistenza terrena. 
Per questa ragione, possiamo dire che scienza e fede devono collaborare, devono dialogare, forse attraverso la mediazione della filosofia, per dare un senso alla scienza stessa e a quello che può scoprire. 

lunedì 5 novembre 2012

La Cina vieta l'espianto degli organi dai corpi dei detenuti giustiziati: "atto immorale e non sostenibile"


E' stata resa pubblica lo scorso 2 novembre, giorno tradizionalmente dedicato al ricordo dei defunti nella religione cristiana, la notizia che il governo cinese ha - finalmente - vietato l'espianto di organi dai condannati a morte giustiziati a partire dall'anno prossimo, per arrivare a stabilire un nuovo sistema di reperimento degli organi entro i prossimi cinque anni definito dall'università di Hong Kong e dalla Croce Rossa.
Purtroppo, pare che questo modo di procurarsi gli organi per il trapianto fosse molto diffuso (nel 2009 due terzi degli organi trapiantati provenivano da detenuti giustiziati) e ben radicata nel paese dei mandarini: la Cina con 10.000 trapianti l'anno è il secondo paese del mondo dopo gli Stati Uniti e, nel contempo, è al primo posto nel mondo per le esecuzioni capitali secondo i dai ufficiali (che Amnesty International giudica però molto più bassi del reale). 
Tale situazione era da tempo ben nota anche in Occidente: già nel 2005 Huang Jiefu, vice ministro alla Salute, aveva ammesso che la maggior parte degli organi per i trapianti sono di condannati a morte. Si trattava, in poche parole, di un vero e proprio mercato degli organi, 'venduti' anche attraverso i siti internet dei centri di trapianto cinesi, con tanto di tariffario e tempistica per avere l'organo 'desiderato' (rene, fegato, cuore, ecc.). I 'clienti' erano ricchi cinesi, sovente residenti all'estero e a Hong Kong, giapponesi, coreani, ma anche americani. Proprio questo successo dei trapianti "made in China" aveva portato al crescere dei sospetti e delle proteste, tanto che il governo cinese negli ultimi anni aveva emanato alcuni 'regolamenti' che richiedevano il consenso scritto dei donatori, che i trapianti fossero eseguiti solo in ospedali e con medici specializzati e aveva chiesto agli stessi medici di aderire ad un codice etico che li impegnasse a rispettare i principi dell'arte etica.
La notizia dell'abolizione di tale pratica è buona per un duplice motivo. Innanzitutto, prelevare gli organi dai condannati a morte (talvolta accelerando l'esecuzione delle condanne per via della richiesta...) senza il consenso del condannato né della famiglia è assolutamente contrario alla dignità della vita umana e di ogni persona, di qualsiasi età, razza o sesso, indipendentemente dagli atti compiuti, anche se contrari alla morale o alla legge, pentendosi o meno. La dignità 'ontologica' di un uomo è e rimane sempre tale,dal concepimento fino alla morte, e ognuno, anche se colpevole di delitti e condannato giustamente deve essere sempre rispettato, sia in vita sia da morto (anche il cadavere di un uomo conserva una sua dignità). Non è ammissibile considerare il corpo del condannato giustiziato come un materiale a disposizione, che può fornire i 'pezzi di ricambio' per una logica di mercato che va al di là di ogni genere di solidarietà umana. Il fine - avere un organo da trapiantare ad una persona molto malata - in Cina le richieste sono un milione e mezzo all'anno - non giustifica i mezzi utilizzati per raggiungerlo. 
Benedetto XVI nel 2008 dichiarò: "Eventuali logiche di compravendita degli organi, come pure l'adozione di criteri discriminatori o utilitaristici, striderebbero talmente con il significato sotteso del dono che si porrebbero da sé fuori gioco, qualificandosi come atti moralmente illeciti".
Inoltre, il fatto importante è che forse in Cina si sta iniziando a comprendere che si devono rispettare i diritti umani, al di là di esigenze di ordine economico, sociale o secondo visioni politiche e ideologiche e indipendentemente dal riconoscere o meno una dimensione trascendente, dal professare o meno una fede. L'espianto degli organi dai corpi dei detenuti è stato definito un "atto immorale e non sostenibile" dal dott. Wang Haibo, Direttore del centro nazionale di ricerca per i trapianti del ministero della salute: tale dichiarazione è importantissima e forse può aprire un dibattito su altre pratiche cinesi che sono senz'altro definibili immorali e non sostenibili.
Probabilmente, anche la pressione dei mass media ha influito nel creare una crescente opposizione a un tale metodo e a mantenere alta una certa attenzione sulla questione. Si può citare l'inchiesta della BBC nel 2006 e la recentissima pubblicazione di qualche mese fa di un libro-denuncia dal titolo State Organs: Transplant Abuse in China (a cura di D.Matas e Dr. T. Trey, Seraphim Editions). Per questa ragione, vale la pena di continuare a parlare del rapporto tra scienza e religione ma non soltanto, di scienza e etica e di scienza e società, perché sia sempre ribadita la necessità di "fare una scienza per l'uomo" nella sua integralità, senza svantaggiare la parte più debole o calpestare i diritti dei più poveri e deboli a vantaggio dei ricchi e dei più forti.

martedì 30 ottobre 2012

Werner Arber, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, al Sinodo: "la conoscenza scientifica e la fede sono, e devono rimanere, elementi complementari del nostro sapere orientativo". E la notizia fa scalpore...



Al Sinodo dei vescovi sulla Nuova Evangelizzazione appena conclusosi, ha suscitato un certo interesse l'intervento del 12 ottobre, durante l'ottava congregazione generale, dal titolo "Riflessioni sulle relazioni tra le scienze e la fede religiosa" del prof. Werner Arber (Premio Nobel per la Medicina nel 1978 e professore di microbiologia al Biozentrum di Basilea (Svizzera), Presidente della Pontificia Accademia per le Scienze dal dicembre 2010.

La notizia è però che alcuni giornali e siti web/blog di orientamento non cattolico e talvolta contrario, hanno manifestato un certo stupore nel riportare il contenuto del discorso di Arber, considerando quanto affermato dal Premio Nobel una svolta importante nel riconoscere il valore della scienza per l'umanità e in particolare l'evoluzione biologica come un fatto scientifico.
In realtà, il Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze ha essenzialmente ribadito alcuni punti fondamentali che guidano il dialogo tra scienza e fede che la Chiesa ormai da tempo ha affermato, specialmente nel Magistero del Beato Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI e grazie al lavoro di alcuni teologi e filosofi. A questo riguardo si può citare un breve passo di uno dei tantissimi discorsi che il Beato Giovanni Paolo II ha dedicato al rapporto tra scienza e fede: "La scienza pura è un bene, degno di essere molto amato, perché è conoscenza e quindi perfezione dell’uomo nella sua intelligenza[...]. Sul suo secondo versante la scienza si rivolge all’applicazione pratica, che trova il suo pieno sviluppo nelle varie tecnologie. La scienza nella fase delle sue concrete realizzazioni è necessaria all’umanità per soddisfare le giuste esigenze della vita e per vincere vari mali che la minacciano. Non v’è dubbio che la scienza applicata ha portato e porterà degli immensi servizi all’uomo, purché sia ispirata dall’amore, regolata dalla saggezza"(10 novembre 1979, Discorso per la commemorazione della nascita di Albert Einstein).


Per quanto riguarda l'evoluzione, di nuovo lo stesso Pontefice aveva affermato in altra occasione che "Oggi, circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dell’Enciclica (Humani Generis di Pio XII, 22 agosto1950), nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione una mera ipotesi. È degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta all’attenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle diverse discipline del sapere. La convergenza, non ricercata né provocata, dei risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce di per sé un argomento significativo a favore di questa teoria" (22 ottobre 1996, Messaggio ai Partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze). Infine, come non citare la "settimana di studio", svoltasi nel 2006 a Castelgandolfo, che vide invitati da Benedetto XVI alcuni studiosi , suoi ex-studenti,  proprio per dibattere su  "Creazione ed Evoluzione"?

Senza dubbio, Werner Arber, ha l'autorevolezza e il merito di avere espresso alcuni punti fondamentali in modo chiaro e semplice, offrendone un'ottima sintesi davanti ad una platea così vasta e importante: speriamo che, superata la "freschezza" della notizia e archiviato il Sinodo, quanto ha affermato il prof. Arber sia ricordato e possa costituire un punto di non ritorno anche nei dibattiti mediatici e nei confronti, talvolta, accesi e senza 'fine' tra rappresentanti della scienza e quelli della religione, visti sempre come due opposte fazioni in perenne controversia.

La reazione così positiva al discorso di Werner Arber, applaudita, ad esempio, da Telmo Pievani il 22 ottobre scorso sul Corriere della Sera, che ha elogiato Arber per il suo coraggio per l'importante 'svolta', pur ponendo l'enfasi sull'accettazione dell'evoluzione darwiniana - quando in realtà Arber ha parlato dell'evoluzione come chiave di lettura generale e ha ben chiarito nella sua relazione che oltre alla selezione naturale "una molteplicità di diversi meccanismi specifici può contribuire alla generazione di nuove varianti genetiche" -, fa riflettere molto. Oggi è necessario che oltre ai Pontefici, ai teologi e ai filosofi, siano i laici, e in particolari gli scienziati, a parlare del rapporto tra scienza e fede e a spiegare ai propri colleghi, non di rado atei o agnostici, come non vi sia alcuna contrapposizione. E' infatti più facile che siano ascoltati e compresi e riescano efficacemente a porsi sullo stesso piano di discussione, iniziando a ragionare su scienza e fede. A questo riguardo può essere utile ritornare a leggere il post pubblicato la settimana scorsa proprio su questo argomento...